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Numenio interprete di Tim. 28b7: alcune riflessioni su un problema esegetico

Numenius Interpreter of Tim. 28b7: Some Reflections on an exegetical Problem

Enrico Volpe
Università di Salerno, Napoli, Salerno, Italia., Italia

Numenio interprete di Tim. 28b7: alcune riflessioni su un problema esegetico

Classica - Revista Brasileira de Estudos Clássicos, vol. 37, pp. 1-16, 2024

Sociedade Brasileira de Estudos Clássicos

Recepción: 28 Mayo 2024

Aprobación: 17 Septiembre 2024

Sommario: Numenio è certamente uno dei pensatori più originali e influenti del Medioplatonismo. La sua riflessione si inserisce nel quale del Platonismo dogmatico di età imperiale. Come ogni suo contemporaneo, per Numenio il Timeo gioca un ruolo fondamentale, essendo il dialogo che ha ispirato l’intera filosofia medioplatonica. Ciononostante, non ci sono tracce in Numenio di una sua lettura di Tim. 28b7, il celebre passo in cui Platone allude alla generazione del cosmo. Questo passo ha generato un enorme dibattito nel Medioplatonismo tra interpreti “lettaralisti” e interpreti “metaforici” della generazione del cosmo. Numenio, stando a quanto riportano i frammenti, non si esprime esplicitamente sulla questione, ma è inverosimile che egli non abbia preso posizione su un tema cruciale del Medioplatonismo. Scopo del mio contributo è individuare tra i frammenti di Numenio alcuni elementi che sono riconducibili a una sua lettura di Tim. 28b7. In particolare, intendo dimostrare come Numenio abbia concepito il cosmo come generato a partire da una condizione precosmica e quindi la sua interpretazione del Timeo non è da annoverare tra quelle metaforiche. In particolare, analizzerò il lessico “temporalista” impiegato da Numenio al fine di dimostrare come egli se ne serva proprio per supportare una lettura di questo tipo, che è anche l’unica possibile se ci si mantiene fedeli alla dottrina numeniana.

Parole: Numenio, Timeo, Medioplatonismo, Cosmo.

Abstract: Numenius is certainly one of the most original and influential thinkers of Middle Platonism. His thought belongs to the dogmatic Platonic tendency of the Imperial age. Like any of his contemporary Platonists, for Numenius, the Timaeus plays a fundamental role, being the dialogue that mostly inspired Middle Platonic philosophy. Nevertheless, there are no traces in Numenius of his reading of Tim. 28b7, the famous passage in which Plato alludes to the generation of the cosmos. This passage generated a huge debate in Middle Platonism between “literalist” and “metaphorical” interpreters about the generation of the cosmos. Numenius, according to the fragments, does not express himself explicitly on this issue, but it is unlikely that he did not take a position. The aim of my contribution is to identify some elements among Numenius’ fragments that can be traced back to his reading of Tim. 28b7. I intend to show how Numenius conceived the cosmos as generated from a pre-cosmic condition and therefore his interpretation of Timaeus is not to be counted among the metaphorical ones. In particular, I will analyse the “temporalist” lexicon employed by Numenius in order to show how he uses it precisely to support such a reading, which is also the only one possible if one sticks to Numenian doctrine.

Keywords: Numenius, Timaeus, Middleplatonism, Cosmos.

Uno degli snodi concettuali più celebri e al tempo stesso controversi del Timeo di Platone riguarda il fatto che il cosmo, in quanto entità corporea, è generato. Lo scopo del presente contributo è fare luce sull’ipotesi di interpretazione numeniana del passo 28b7 del Timeo al fine di dimostrare come il filosofo di Apamea sostenga una tesi “temporalista” della generazione del cosmo. Il passo platonico, che qui riporto, ha dato vita a un dibattito formidabile tra gli interpreti del Timeo già in epoca antica:

Pertanto, circa l’intero cielo – o cosmo, o ci sia lecito chiamarlo con qualsiasi altro nome gli si addica al meglio – occorre in primo luogo considerare proprio ciò che si assume si debba considerare in principio circa ogni cosa, ovvero se sia da sempre, senza avere alcun principio di generazione, o se abbia avuto generazione a partire da un certo principio. Ha avuto generazione.1

ὁ δὴ πᾶς οὐρανὸς – ἢ κόσμος ἢ καὶ ἄλλο ὅτι ποτὲ ὀνομαζόμενος μάλιστ᾽ἂν δέχοιτο, τοῦθ᾽ἡμῖν ὠνομάσθω – σκεπτέον δ᾽οὖν περὶ αὐτοῦ πρῶτον, ὅπερ ὑπόκειται περὶ παντὸς ἐν ἀρχῇ δεῖν σκοπεῖν, πότερον ἦν ἀεί, γενέσεως ἀρχὴν ἔχων οὐδεμίαν, ἢ γέγονεν, ἀπ᾽ἀρχῆς τινος ἀρξάμενος. γέγονεν·

Il punto cardine intorno a cui ruota l’intera questione è se intendere la generazione del cosmo come un evento reale, effettivo (secondo una interpretazione letterale del testo platonico) o, piuttosto, come una metafora di un processo che rimanda unicamente alla dipendenza ontologica del cosmo generato da un principio ingenerato e perfetto, ovvero il paradigma eidetico. Questo aspetto esegetico del Timeo ha rappresentato già per i Platonici antichi un elemento divisivo, che ha fondato delle vere e proprie correnti interpretative.2 Anche tra gli interpreti moderni la questione si presenta come problematica e gli studiosi sono sostanzialmente divisi tra chi sostiene che Platone si riferisca a un’effettiva generazione del cosmo in tempore e chi invece ritiene che il processo debba essere interpretato unicamente alla luce di una causalità ontologica.3

Tra gli autori platonici per i quali il Timeo è stato un punto di riferimento, Numenio di Apamea rappresenta un caso meritevole di approfondimento, in quanto è certamente uno degli esponenti più originali del Medioplatonismo, soprattutto per quel che riguarda una differenziazione tra il primo principio e il demiurgo.4 La centralità del demiurgo nel sistema di Numenio, la riflessione sullo statuto ontologico del cosmo e il recupero del linguaggio mitologico-evocativo del Timeo rappresentano già di per sé elementi decisivi per affermare la centralità e l’influenza del celebre dialogo platonico per il filosofo di Apamea.5 Se teniamo presente il fatto che il tema della cosmogonia ha interessato pressoché tutti gli interpreti del Timeo in età imperiale, risulta legittimo chiedersi quale fosse l’opinione di Numenio su tale tema.6 Tuttavia, è proprio sulla cosmogenesi che Numenio è particolarmente criptico, in quanto non ci sono pervenuti frammenti in cui il filosofo affronta esplicitamente questo aspetto.7 Ciononostante, ritengo che ci siano elementi sufficienti per comprendere la sua collocazione interpretativa in merito a questo aspetto dell’esegesi del Timeo. Il punto di partenza non può che essere quello di cercare stabilire qual è la natura del cosmo in Numenio, ossia comprenderne qual è lo statuto ontologico nell’ottica della dottrina dei tre dèi.

Nei passi più significativi in cui Numenio parla del cosmo egli lo fa sempre riferendosi a una realtà generata, prodotta dall’azione del demiurgo. Nel fr. 24F (= 16dP),8 Numenio dice che il demiurgo produce l’idea di sé e il cosmo, lasciando intendere che quest’ultimo sia opera del demiurgo. Allo stesso modo, in una celebre testimonianza di Proclo, si parla del cosmo numeniano in termini di “terzo dio” per cui possiamo dire che nell’ottica procliana si assume una divinizzazione del cosmo da parte di Numenio.9 Se ci si attiene alla testimonianza di Proclo, bisogna dunque sostenere che il cosmo ha una sua connotazione teologica, in quanto separato dal secondo dio (definito, invece, poietes) e quindi presenta una certa autonomia dal punto di vista della determinazione ontologica.10

La struttura della teologia numeniana, descritta in maniera estremamente sintetica e schematica da Proclo, richiama l’operazione cosmogonica presente nel Timeo, in cui Platone fa derivare il cosmo dall’azione di un artefice che compone il mondo sulla base della maggiore somiglianza possibile nei confronti del modello.11 Essendo poi il terzo dio definito da Proclo nel fr. 30T (= 22 dP) come colui che pensa discorsivamente (τὸ διανουύμενος), alcuni studiosi l’hanno associata ad una sorta di Anima del mondo plotiniana ante litteram,12 sebbene né Proclo né Numenio parlino del cosmo in questi termini, come ha opportunamente osservato Fabienne Jourdan in un recente articolo dedicato a questo tema.13

È dunque opportuno osservare come nel Περὶ τἀγαθοῦ Numenio alluda al cosmo come realtà divina generata, che deriva effettivamente da un’azione del secondo dio, ma de facto non specifica mai in che termini esso sia stato generato. Ciò che mi propongo di fare in questo mio contributo è cercare di proporre un tentativo di interpretazione della cosmogenesi in Numenio sulla base di alcuni cardini teorici del suo pensiero e che a mio avviso possono dirci qualcosa a proposito di questo problema interpretativo.

1. L’unità del secondo e del terzo dio: la generazione metafisica del cosmo

Il fr. 19F (=11dP) rappresenta uno dei passaggi più significativi del Περὶ τἀγαθοῦ riportati da Eusebio di Cesarea, in quanto è uno dei testi in cui Numenio discute della natura della materia e dell’azione che il demiurgo, quale secondo dio, esercita sul sostrato materiale. La differenza sostanziale che Numenio evidenzia è tra l’assoluta semplicità del primo dio e la natura duplice del secondo, il cui compito è quello di plasmare la materia, subendo quindi l’azione ontologico-metafisica di quest’ultima.

Il Primo dio, che dimora in se stesso, è semplice, perché, interamente rivolto su di sé, non è affatto divisibile; il Secondo dio e il Terzo sono uno solo; quando però si trova associato alla materia, che è diade, egli la unifica, ma viene scisso da quella, che ha un carattere concupiscibile ed è fluida. Ora, non essendo rivolto all’intelligibile (perché sarebbe stato rivolto su di sé), dato che guarda la materia, preoccupandosi di essa si dimentica di se stesso. Entra in contatto con il sensibile, se ne prende cura e lo eleva anche al proprio carattere, poiché il suo desiderio si è rivolto alla materia.14

Ὁ θεὸς ὁ μὲν πρῶτος ἐν ἑαυτοῦ ὤν ἐστιν ἁπλοῦς, διὰ τὸ ἑαυτῷ συγγιγνόμενος διόλου μή ποτε εἶναι διαιρετός· ὁ θεὸς μέντοι ὁ δεύτερος καὶ τρίτος ἐστὶν εἷς· συμφερόμενος δὲ τῇ ὕλῃ δυάδι οὔσῃ ἑνοῖ μὲν αὐτήν, σχίζεται δὲ ὑπ’ αὐτῆς, ἐπιθυμητικὸν ἦθος ἐχούσης καὶ ῥρεύσης. Τῷ οὖν μὴ εἶναι πρὸς τῷ νοητῷ (ἦν γὰρ ἂω πρὸς ἑαυτῷ) διὰ τὸ τὴν ὕλην βλέπειν, ταύτης ἐπιμελούμενος ἀπερίοπτος ἑαυτοῦ γίγνεται. Καὶ ἅπτεται τοῦ αἰσθητοῦ καὶ περιέπει ἀνάγει τε ἔτι εἰς τὸ ἴδιον ἦθος ἐπορεξάμενος τῆς ὕλης.

Il primo elemento che emerge dal fr. 19F (=11dP) è l’assoluta semplicità del primo dio, che nella teologia di Numenio è anche Bene in sé (ἀυτοάγαθον) ed essere in sé (αὐτοόν). Essendo assolutamente semplice, il Primo dio non è coinvolto in alcun tipo di azione cosmopoietica, in quanto quest’ultima è totalmente demandata al demiurgo.15

La questione circa l’effettiva divisione del secondo dio in due entità, una prettamente demiurgica e l’altra cosmica ha generato un vivace dibattito tra gli studiosi, divisi tra chi vede nel secondo e terzo dio due entità distinte, benché molto vicine tra loro dal punto di vista ontologico, e chi invece sottolinea l’unità originaria tra i due ambiti del reale.16 Numenio a mio avviso utilizza il verbo σχίζω proprio per sottolineare una condizione del demiurgo che presenta due aspetti: uno prettamente contemplativo, e l’altro come “terzo dio”, la cui natura merita di essere chiarita con maggiore precisione.

L’attività della materia sul secondo dio implica la differenziazione tra due aspetti distinti del demiurgo che, sebbene vengano descritti come “uno” (eis), nel senso di un solo dio, appaiono tuttavia distinti. Come giustificare questa unità tra due aspetti della demiurgia? A mio modo di vedere, anche se Numenio non menziona esplicitamente il cosmo in questo frammento, il fatto che sia la materia a procurare – per così dire – una divisione nella natura del demiurgo, attraverso il suo ruolo attivo, implica che il secondo aspetto del dio demiurgo sia strettamente correlato a essa. L’unità del secondo e del terzo dio, pertanto, mi sembra possa essere definita come l’unicità di un’azione demiurgica che, sebbene si articoli in due aspetti o momenti, è tuttavia un processo unitario. Il processo descritto nel fr. 19F (11dP) è quindi quello del demiurgo duplice (come viene detto nel fr. 24F=16dP), da un lato il demiurgo come intelletto, causa paradigmatica, dall’altro il demiurgo come principio ordinatore della materia, che agisce direttamente su di essa per dotarla di ordine e forma attraverso l’attribuzione al principio materiale di una forma di razionalità che deriva dall’intelligibile e che finisce col permearla completamente e fornire al principio materiale una forma di organizzazione.

A mio avviso, quindi, è possibile concepire una vera e propria divisione in termini tassonomici e ontologici del processo demiurgico. La materia, con la sua azione corruttrice “attiva”, provoca una divisione in senso ontologico all’interno della condizione originaria del demiurgo che comporta al contempo l’elevamento della materia da uno stato caotico a uno stadio di “materialità ordinata” che non è altro che il cosmo inteso come entità materiale organizzata.

Numenio, tuttavia, non identifica esplicitamente il terzo dio con un’Anima del mondo, sebbene il fatto che il terzo dio è il cosmo – in quanto realtà generata da una relazione metafisica tra il demiurgo e la materia – non è a mio avviso da considerare come un elemento insostenibile o estraneo per un platonico, dato che proprio nel Timeo il cosmo è definito a come un dio felice e un dio sensibile17 e, al tempo stesso, dotato di anima e intelletto. Dunque, sebbene Numenio non parli expressis verbis di Anima del mondo, il fatto che il cosmo sia un’entità materiale razionalmente ordinata resta comunque un accenno alla presenza di un principio di ordine all’interno del cosmo stesso.

Con il fr. 19F si è cercato di porre l’accento sul fatto che Numenio concepisce una generazione del cosmo all’interno del suo sistema teologico seguendo, per quel che concerne gli aspetti principali, lo schema del Timeo, ossia quello del demiurgo che plasma un sostrato materiale. La novità fondamentale è nell’unità tra il secondo e il terzo dio, che a mio avviso va letta nel senso che il demiurgo è tanto l’intelletto che pensa le idee, tanto il principio che governa il cosmo. Nel successivo frammento cercherò invece di considerare la componente temporalista, che a mio avviso è la chiave di lettura che Numenio dà alla cosmogenesi del Timeo.

Un ulteriore elemento che può aiutarci a comprendere quale sia la concezione di Numenio in merito alla generazione del cosmo è il fr. 24F. In questo testo, anch’esso estratto dall’opera Sul Bene, Numenio analizza la struttura teologica del reale, focalizzandosi sul rapporto sussistente tra il primo e il secondo dio e, in seguito, tra quest’ultimo e il cosmo. Vale la pena riportarlo per intero:

Se l’essenza e l’Idea sono il piano intelligibile, e se, rispetto a questo, l’intelletto è stato riconosciuto come principio superiore e causa, solo lui si è scoperto essere il Bene. Se infatti il dio demiurgo è principio di divenire, al Bene basta essere principio dell’essenza. Analogamente, come il dio demiurgo sta al Bene, essendone imitatore, così il divenire sta all’essenza, come un’immagine o una copia di quest’ultima. Se è vero che il demiurgo del divenire è buono, il demiurgo dell’essenza sarà senz’altro il Bene in sé, connaturato all’essenza. Il Secondo, infatti, che è duplice, autoproduce l’Idea di se stesso e il cosmo, in quanto è demiurgo; poi diviene interamente contemplativo. Per concludere il nostro ragionamento, poniamo quattro nomi in riferimento a quattro realtà: 1) il Primo dio, Bene in sé; 2) l’imitatore di questo, il demiurgo buono; 3) l’essenza, rispettivamente una del Primo, l’altra del Secondo; 4) la copia di questa, il bel cosmo, abbellito per partecipazione al Bello.18

εἰ δ᾽ἔστι μὲν νοητὸν ἡ οὐσία καὶ ἡ ἰδέα, ταύτης δ᾽ὡμολογήθη πρεσβύτερον καὶ αἴτιον εἶναι ὁ νοῦς, αὐτὸς οὗτος μόνος εὕρηται ὢν τὸ ἀγαθόν. Καὶ γὰρ εἰ ὁ μὲν δημιουργὸς θεός ἐστι γενέσεως, ἀρκεῖ τὸ ἀγαθὸν οὐσίας εἶναι ἀρχή. Ἀνάλογον δὲ τούτῳ μὲν ὁ δημιουργὸς θεός, ὢν αὐτοῦ μιμητής, τῇ δὲ οὐσἰᾳ ἡ γένεσις , <ἣ> εἰκὼν αὐτῆς ἐστι καὶ μίμημα. Εἴπερ δὲ ὀ δημιουργὸς ὁ τῆς γενέσεώς ἐστιν ἀγαθός, ἦ που ἔσται καὶ ὁ τῆς οὐσίας δημιουργὸς αὐτοάγαθον, σύμπφυτον τῇ οὐσίᾳ. Ὁ γὰρ δεύτερος διττὸς ὢν αὐτοποιεῖ τήν τε ἰδέαν ἑαυτοὺ καὶ τὸν κόσμον, δημιουργὸς ὤν, ἔπειτα θεωρητικὸς ὅλως. Συλλελογισμένων δ᾽ἡμῶν ὀνόματα τεσσλάρων πραγμάτων τέσσαρα ἔστω ταῦτα· ὁ μὲν πρῶτος θεὸς αὐτοάγαθον· ὁ δὲ τούτου μιμητὴς δημιουργὸς ἀγαθός· ἡ δ᾽οὐσία μία μὲν ἡ τοῦ πρώτου, ἑτέρα δ᾽ἡ τοῦ δευτέρου· ἧς μίμημα ὁ καλὸς κόσμος, κεκαλλωπισμένος μετουσίᾳ τοῦ καλοῦ.

Numenio afferma che il primo dio è tale in quanto è da un punto di vista ontologico superiore, è cioè l’aspetto più originario e autentico dell’essere (e, quindi, del reale), formulando quindi una gerarchia tra primo e secondo dio. Per questo motivo, esso viene descritto come principio dell’essenza, vale a dire come un’entità intelligibile che tuttavia si trova a un livello ancora superiore rispetto alla dimensione delle idee standard.19 Numenio rilegge quindi la concezione platonica dell’Idea del Bene in chiave teologica, come un livello di realtà autonomo rispetto alla pluralità del kosmos noetos.20 Se l’Idea del Bene in Platone resta collegata al piano delle Idee,21 il primo principio numeniano, pur mantenendo una connotazione intelligibile, è ontologicamente separato rispetto al piano eidetico rappresentato dal secondo dio, costituendo una realtà “formalmente” eidetica ma di fatto separata dalla dimensione “collettiva” delle idee che possiamo identificare con lo stesso demiurgo o, per meglio dire, con i suoi pensieri.

Ma ciò che interessa maggiormente il nostro contributo riguarda il rapporto tra il dio demiurgo e il cosmo. L’ espressione secondo cui il demiurgo produce l’idea di sé e il cosmo è stata oggetto di varie interpretazioni tra gli studiosi.22 A mio avviso Numenio sta qui sostenendo che il demiurgo, mediante la contemplazione del primo dio, determina sé stesso, la sua propria natura, che è quella di theos theoretikos, ossia di intelletto. La produzione del cosmo è anch’essa strettamente collegata alla sua autodeterminazione, in quanto demiurgo tout court che agisce sulla materia e determina ontologicamente il mondo. In sostanza, per determinarsi come demiurgo, il secondo dio numeniano deve caratterizzarsi per il suo aspetto contemplativo-teoretico (e paradigmatico) e, al tempo stesso, per la sua funzione ordinatrice del cosmo. In questo modo, mediante questa azione, il secondo dio è a tutti gli effetti un demiurgo duplice.23

L’elemento chiave per la nostra discussione è tuttavia costituito dall’avverbio temporale ἔπειτα, che allude a una condizione di processualità dell’evento cosmogonico. Secondo Dodds, questo termine andrebbe emendato, per cui la corretta versione sarebbe ἐπεὶ ὁ θεωρητικὸς ὅλος,24 mentre Baltes, argomenta a favore di un carattere letterale a questa espressione, attribuendo un’effettiva temporalità all’interpretazione di Numenio.25 Essa alluderebbe a una dimensione temporale che descrive il fatto che il demiurgo diventa un intelletto del tutto contemplativo solo in una condizione successiva a quella della generazione del cosmo e dell’autoproduzione di sé che a cui Numenio allude nel frammento. A mio avviso l’emendazione proposta da Dodds non è necessaria, in quanto il senso complessivo del ragionamento numeniano risulta chiaro già dalla versione originale. La pura attività teoretica del demiurgo è un’azione successiva a quella della generazione del cosmo. Il processo di cosmogenesi, quindi, andrebbe inteso letteralmente. Nel prossimo paragrafo proverò a legittimare questa posizione mediante la lettura del fr. 52dP.

2. La cosmogenesi nel fr. 52 DP(= Calc. in Tim. CCXCV-CCXCIX)

Un valore decisivo nell’ottica per la nostra comprensione della cosmogonia numeniana lo assume un lungo testo di Calcidio nel suo Commentario al Timeo di Platone e che è l’unica testimonianza in nostro possesso che attribuisce esplicitamente un dualismo originario a Numenio.26 In estrema sintesi, nel testo calcidiano, viene sostenuto che per Numenio l’intera realtà deriva dall’interazione di due principi originari, che egli chiama, rispettivamente, monade (monas) e diade (duitas).27

L’attendibilità della testimonianza di Calcidio è materia di studio da parte degli studiosi, ma mi sembra che ci sia ormai un sostanziale accordo nel ritenere che la dottrina di Numenio che emerge dal Commentario al Timeo risenta prevalentemente dell’influenza di Porfirio. Ciononostante, il testo di Calcidio si rivela prezioso per ricostruire il processo costitutivo del reale a partire dai principi originari, per cui vale la pena riportare alcuni passi utili per la nostra comprensione della cosmogonia numeniana. Il primo testo sul quale ritengo valga la pena soffermarsi è rappresentato dalle linee 2-14 del fr. 52, in cui Numenio fissa alcuni dei punti chiave della sua dottrina dei principi in chiave anti-stoica:

Numenio, della scuola di Pitagora, confuta questa dottrina stoica dei principi avvalendosi della dottrina pitagorica, con cui, secondo lui, concorda quella platonica; a suo dire, Pitagora chiamò dio con il nome di “monade” e la materia con quello di “diade”; egli sostiene che questa diade, in quanto indeterminata, non è generata, ma, in quanto limitata, è generata: in altri termini, prima di essere adornata e di ricevere forma e ordine essa è senza origine né generazione, ma, una volta adornata e abbellita dal dio ordinatore, è generata, e così, poiché la generazione è una condizione successiva, quella realtà senza ordine né generazione va intesa come coeterna a dio, dal quale è stata ordinate.28

Numenius ex Pythagorae magisterio Stoicorum hoc de initiis dogma refellens Pythagorae dogmate, cui concinere dicit dogma platonicum, ait Pythagoram deum quidem singularitas nomine nominasse, silvam vero duitatis; quam duitatem indeterminatam quidem minime genitam, limitatam vero generatam esse dicere, hoc est, antequam exornaretur quidem formamque et ordinem nancisceretur, sine ortu et generatione, exornatam vero atque illustratam a digestore deo esse generatam, atque ita, quia generationis sit fortuna posterior, inornatum illud minime generatum aequaevum deo, a quo est ordinatum, intellegi debeat.

Ciò che per Numenio, in quanto platonico, appare inaccettabile della dottrina stoica è la neutralità – in termini ontologici – della materia. Per ovviare alla concezione materialista stoica, Numenio si appropria – per così dire – di alcuni punti chiave della dottrina platonica che egli rimanda direttamente all’antico pitagorismo.

In primo luogo, viene stabilito come la materia abbia una sua connotazione originaria e, se pensiamo a quanto si legge anche nel fr. 13F (=4a dP), possiamo dedurre come la materia stessa abbia per Numenio una natura intrinsecamente caotica e disordinata. Numenio definisce il dio come monade (singularitas) e la diade (duitas) come la materia. In questo modo vengono ammessi due principi primi che, nella loro forma più originaria, possono essere concepiti separatamente.

Questa forma originaria in cui si trovano i principi, spiega Calcidio, muta il suo statuto ontologico nella misura in cui essi vengono a interagire l’uno con l’altro. In questo senso si spiega, a mio avviso, il fatto che la materia/ diade è sia ingenerata che generata: ingenerata nella misura in cui essa è un principio originario, generata se invece la sia considera come razionalmente ordinata, ossia dopo l’intervento del dio ordinatore (deus digestor), ovvero il demiurgo. L’intervento del dio, dice ancora Calcidio, avviene posteriormente (posterior), ragion per cui sembra essere in un certo senso confermata l’ipotesi dell’ἔπειτα del fr. 24F (=16dP), in cui si parla di un’attività contemplativa del demiurgo postuma rispetto alla generazione del cosmo. La conseguenza di questo ragionamento appare chiara: la generazione è un evento successivo alla condizione originaria dei principi. Mentre la materia è originariamente coeva al dio, dopo l’azione di quest’ultimo il dualismo metafisico originario viene meno a favore di una concezione del cosmo come terzo dio e che mantiene in sé caratteristiche sia materiali che intelligibili, ma che inevitabilmente assume un carattere di posteriorità – temporale e metafisica – rispetto al dio demiurgo.

La descrizione della generazione del cosmo a partire dalla materia può essere considerata analoga a quella descritta nel fr. 19F (=11dP) che abbiamo visto sopra. Nell’ottica di Numenio, l’azione del dio sulla materia produce un’entità che è sì materiale, ma non è più caotica, bensì razionalmente ordinata in virtù della presenza dell’intelligibile. Questo ambito “intermedio” non può che essere a mio avviso identificato con il cosmo, in piena coerenza con quanto Platone dice nel Timeo.

Questo aspetto mi sembra confermato anche da quanto si legge poco dopo proprio a proposito del cosmo:

Num. fr. 52, 37-43 DP = Calc. In Tim. CCXCVI

Infatti, come pensa anche Platone, dio è principio e causa dei beni, la materia dei mali, ma indifferente è ciò che consiste di forma e di materia, dunque non la materia, ma il cosmo, che è composto dalla bontà della forma e dalla malvagità della materia; infine, stando a quanto insegnano gli antichi teologi, esso è generato dalla provvidenza e dalla necessità (trad. Vimercati, 2015, 1444).

Deum quippe esse – ut etiam Platonem videtur – initium et causa bonorum, silvam malorum, at vero quod ex specie silvaque sit, indifferens, non ergo silvam, sed mundum ex speciei bonitate silvaeque malitia temperatum; denique ex providentia et necessitate progenitum veterum theologorum scitis haberi.

Numenio ribadisce uno degli aspetti principali della dottrina platonica, ovvero che nessun male può derivare dal dio;29 in effetti, Numenio sostiene sostanzialmente che il dio è causa dei beni mentre il male non può che derivare dalla materia. La materia viene connotata da Numenio come malvagia, a differenza di quanto avevano fatto gli stoici stabilendone una natura neutrale.30 Il mondo ha uno statuto ontologico intermedio – per così dire – in quanto è prodotto sia dall’azione necessitante della materia che da quella provvidenziale del dio. In questo modo il cosmo si trova nella stessa condizione in cui lo ha descritto Platone, ovvero come realtà generata – che quindi non può avere la perfezione ontologica del suo modello – ma allo stesso tempo non è nemmeno pura materia disordinata, in quanto possiede un intrinseco ordine che gli deriva proprio dall’azione ordinatrice del cosmo sulla materia originaria.31 Inoltre, il cosmo si trova ad essere approssimativamente simile al modello che lo ha generato, ovvero quel demiurgo della generazione che si trova nel fr. 24F (=16dP) e che qui è definito da Calcidio deus digestor.

L’atto di generazione del mondo viene descritto da Calcidio come il prodotto ontologico dell’azione del dio sulla materia, per cui il mundus è nella condizione di avere una sorta di natura intermedia che deriva, rispettivamente, dalla materialità del principio “negativo” e dalla natura intelligibile del dio. L’utilizzo di un lessico temporalista, sia nel Περὶ τἀγαθοῦ che nella testimonianza di Calcidio, lascia a mio avviso trasparire una concezione della cosmogenesi in Numenio che non può che essere concepita come un processo in tempore. In questo senso, allora, Numenio si affianca quindi ad autori come Plutarco e Attico nel novero degli interpreti “letteralisti” della cosmogenesi nell’ambito del Medioplatonismo.

Inoltre, la lettura temporalista è a mio avviso l’unica che permette a Numenio di “salvare” la materia e di spiegare il cosmo. Se Numenio non leggesse la cosmogenesi del Timeo in senso letterale dovremmo infatti presupporre che per lui la materia è soltanto un concetto astratto che funge da sostrato, ma che ha una connotazione prettamente teorica. Il valore che Numenio dà alla materia gli consente di concepirla come un elemento originario e che si troverebbe in uno stato precosmico in cui è separata dal dio demiurgo. La concezione temporalista permette a Numenio di giustificare uno statuto originario precedente alla generazione del cosmo, in cui la materia coesiste assieme al dio demiurgo intelligibile in una condizione di principio originario. Questa struttura ontologica del reale viene meno nella misura in cui il demiurgo genera il cosmo insieme alla materia, per cui si viene a modificare il dualismo originario. In altre parole, dopo la generazione del cosmo, la materia nel suo stato caotico e disordinato non esiste più, ma è soltanto il sostrato materiale del cosmo. Allo stesso tempo, anche il demiurgo cessa di esistere nel suo stato di puro intelletto e, pur conservando questo aspetto, una parte della sua essenza è il principio ordinatore che domina il cosmo.

In conclusione, sebbene i frammenti a nostra disposizione non riportino elementi chiari a proposito di un’interpretazione del passo 28b7 del Timeo da parte di Numenio, alcuni elementi presenti nell’opera Sul Bene e in altre testimonianze indirette ci permettono di ricostruirne il pensiero sulla cosmogenesi. Numenio, concependo un dualismo di principi e ammettendo l’esistenza di una materia originaria, può essere annoverato tra gli interpreti “letteralisti” per i quali esiste una materia precosmica in una condizione ontologica caotica prima dell’intervento del demiurgo. Non è invece assolutamente possibile stabilire se Numenio abbia concepito anche un tempo precosmico (come Attico) per cui ritengo sufficiente ammettere che Numenio abbia concepito la generazione del cosmo in termini di mera relazione ontologica ma come evento effettivo.

Referências

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Nota

1 Tim. 28b2-7. Trad. it. Petrucci (2022, p. 39). Si veda anche il commento nell’introduzione di Ferrari (2022, p. XLI-XLII).
2 La riflessione antica sul tema del senso generale da attribuire al Timeo e, in particolare, al perfetto γέγονεν ha coinvolto gli interpreti antichi già dai tempi dell’Accademia antica. In questo contesto, si sono fatte largo due correnti interpretative divergenti e sostanzialmente inconciliabili: quella di Aristotele e quella di Senocrate. Secondo Aristotele non è possibile sostenere una lettura “metaforica” del Timeo, ma il dialogo va invece preso alla lettera. In base all’interpretazione aristotelica (cfr. Cael. I 10, 279b 32-280a3), il cosmo è eterno e, pertanto, non può essere in alcun modo corruttibile, quindi neanche generato. Dal canto suo, Senocrate sosteneva invece che il Timeo presentasse la generazione del cosmo a fini didascalici (διδασχαλίας χάριν), per cui una interpretazione alla lettera del testo del dialogo sarebbe stata sbagliata. La querelle sulla generazione del cosmo ritorna sulla scena filosofica, dopo la parentesi del periodo ellenistico, con il platonismo di età imperiale. Per i platonici del I secolo a.C.-II secolo d.C. il Timeo gioca un ruolo fondamentale, tanto da poter essere considerato il dialogo più influente, più della Repubblica e del Parmenide. Cfr. Centrone (2012, p. 57-80) e Petrucci (2019, p. 17-8).
3 Un contributo fondamentale a favore dell’interpretazione metaforica di questo passo del Timeo è il celebre articolo di Baltes (1996, p. 303-25; 304, n.3), in cui è contenuta una rassegna delle varie interpretazioni del passo del Timeo tra gli interpreti moderni.
4 Sulla differenziazione del demiurgo dal primo principio, alcuni studiosi, come Donini (1988) e Mansfeld (1989), hanno ipotizzato che fosse l’autore del Didaskalikos, Alcinoo, ad avere inaugurato questa nuova linea interpretativa, mentre Giusta (1986, p. 170-201) e O’Brien (2017) sostengono che non ci sono in Alcinoo elementi testuali sufficienti tali da poter giustificare una differenza ontologica tra un primo dio e un dio demiurgo. Ad ogni modo, sia che Alcinoo fosse sia stato il pioniere di questa concezione o meno, Numenio rappresenta certamente l’autore medioplatonico da questo punto di vista più originale, che più di ogni altro, senza ambiguità, distingue un primo principio assolutamente semplice da un dio inferiore e demiurgico al quale compete l’azione cosmopoietica sul mondo. Una rassegna delle varie interpretazioni del demiurgo nel medioplatonismo è contenuta in Ferrari (2020).
5 Parallelamente al Timeo è opportuno sottolineare la centralità della Repubblica nella costituzione dello schema numeniano. Su questo aspetto rimando a un celebre articolo di Mauro Bonazzi e, prima ancora, a un contributo di Matthias Baltes. Cfr. Bonazzi (2004) e Baltes (1975).
6 Cfr. Bonazzi (2017).
7 Tra gli interpreti più importanti della cosmogenesi del Timeo in età imperiale ci sono certamente Plutarco e Attico, i quali sostengono che esiste uno stato precosmico del reale, precedente all’intervento dell’artefice, e che quindi il cosmo venga a sussistere “storicamente” solo dopo l’azione del demiurgo. Attico, addirittura, teorizza l’esistenza di un tempo precosmico, di cui però non troviamo traccia in Plutarco. Su Plutarco e Attico con analogie e differenze tra le loro visioni cfr. Opsomer (2001; 2005), e Ferrari (2014b). Altri autori, come Lucio Calveno Tauro, hanno addirittura messo mano al testo del Timeo, emendando alcuni passaggi chiave al fine di sostenere una determinata interpretazione del Timeo che, nel caso di Tauro, è quella dell’interpretazione metaforica del dialogo. Su Tauro rimando a Dillon (1989), Ferrari (2014c, p. 57-61); Petrucci (2018, p. 16-75); Petrucci (2019, p. 25-32). In generale, sul concetto di eternità del cosmo dall’antica accademia al Medioplatonismo utile è il saggio di Bonazzi (2017).
8 In questo saggio verrà applicata la numerazione di alcuni frammenti di Numenio della recente edizione curata da Jourdan (2023) indicata con le sigle F (fragments) e T (témoignages), accanto alla quale, per ragioni di affiancamento a questa nuova classificazione, verrà anche indicato il frammento secondo l’edizione di des Places (1973) che indicherò con la sigla dP.
9 Cfr. fr. 29T (=fr. 21dP). Proclo sostiene che Numenio avrebbe distinto tre dèi definendoli, rispettivamente, pater (il primo dio), poietes (il secondo) e cosmo (il terzo dio). Molto è stato scritto su questo aspetto dagli studiosi, per cui rimando a Frede (1987), Opsomer (2005), Ferrari (2014), mentre un’analisi dettagliata di questa testimonianza di Proclo è stata formulata da Jourdan (2023, p. 264-83).
10 Secondo Fabienne Jourdan è possibile sostenere l’esistenza di un terzo dio identificabile con il cosmo materiale, sebbene le testimonianze di Proclo ed Eusebio su questo punto non sembrino combaciare. Le argomentazioni della studiosa sono solide e si basano su un parallelo con gli altri frammenti del De Bono. La studiosa, quindi, ritiene questa struttura triadica sistematica un’interpretazione di Proclo che non rispecchia in maniera fedele il rapporto tra secondo e terzo dio in Numenio. Il terzo dio di Numenio in 19F (=fr. 11 dP) sarebbe nient’altro che un aspetto del secondo dio, diversamente da Proclo, che in 29T (=fr. 21dP) parla esplicitamente del cosmo come del terzo dio, in conformità con quanto si legge nel Timeo. Cfr. Jourdan (2021, p. 256-8); Jourdan (2023, p. 100-2). Critici verso la testimonianza di Proclo sono anche Tarrant (2004) e Michalewski (2021, p. 138-46).
11 Cfr. Tim. 28a-b.
12 Per un resoconto delle varie posizioni a favore dell’identificazione del terzo dio con l’Anima del mondo rimando a Jourdan (2021, p. 240, n. 12). La studiosa, al contrario, non ritiene ci siano elementi sufficienti per identificare il terzo dio con l’anima del mondo.
13 Cfr. Jourdan (2021).
14 Num. fr. 19F =11dP (=Eusebio, Pr. Ev. XI, 17, 11-18, 5; o. 536 d-537 b Viger, p. 40, 9-41, 5 Mras). Trad. it. Vimercati (2015, p. 1381).
15 Cfr. fr. 12, 13 dP. Si veda anche Flamand (1992, p. 158 ss.).
16 Mi sembra essere questa la tesi di Jourdan (2021) passim e Jourdan (2023, p. 100-2). Invece, secondo un recente articolo di Boys-Stones (2018), Numenio starebbe utilizzando un linguaggio volutamente enfatico e metaforico che, tuttavia, non andrebbe preso alla lettera in quanto volto ad affermare la divisibilità all’interno della natura del demiurgo che, quindi, andrebbe in un certo senso a perdere il suo carattere di entità divina e intelligibile. Si veda a tal proposito anche quanto affermano Frede (1987, p. 1055 ss.); Zambon (2002, p. 228-30); Opsomer (2005, p. 64-6) e Ferrari (2014, p. 61 ss.).
17 Cfr. Tim. 34b9; 92c7.
18 Num., fr. 24F = fr.16DP (= Eus., Pr. ev. XI, 22, 3-5; p. 544 a-b Viger; II, p. 49, 13-50, 8 Mras). Trad. it. Vimercati (2015, p. 1387 con alcune modifiche).
19 Sulla terminologia impiegata da Numenio a proposito dei termini οὐσία e ἰδέα rimando a Müller (2012), Jourdan (2020-2021).
20 Cfr. Whittaker (1969, p. 94).
21 Seguo in questo caso la lettura di Baltes (1997) che ritiene che l’Idea del bene non possa essere separata dalla dimensione intelligibile. Sulle varie interpretazioni attribuite all’idea del bene da diversi studiosi utile è il saggio di Vegetti (2018, p. 113-33).
22 Cfr. fr. 24F (16dP). Rimando, a tal proposito, a Petty (2012, p. 165), Rossi (2020, p. 89) e Jourdan (2020-2021, p. 468-469).
23 Sul demiurgo duplice e, più in generale, sul fr. 24F (=16DP) si vedano Festugière (1954, p. 124); Müller (2015, p. 12-5) e Jourdan (2023, p. 345-66).
24 Cfr. Dodds (1960, p. 16). Favorevole a questa emendazione è anche O’Brien (2015, p. 154-5).
25 Cfr. Baltes (1975, p. 262).
26 Sulla posizione strategica di Numenio all’interno del commentario di Calcidio, cfr. Vimercati (2012) e Reydams-Schils (2020, p.163-71).
27 Sull’utilizzo del termine diade (ma anche materia e necessità) per designare la materia, cfr. Jourdan (2014, p. 187-98). La studiosa sottolinea come il riferimento a Met. A 6 non sia sufficiente per spiegare il riferimento numeniano alla materia, ma che esso va invece ricercato nella tendenza dei platonici a identificare il terzo genere del Timeo con la materia aristotelica. Su questo aspetto della tradizione platonica rimando anche allo studio di Ferrari (2014, p. 193-8).
28 Num. fr. 52, 2-14 DP = Calc. In Tim. CCXCV. Trad. Vimercati (2015, p. 1443).
29 Cfr. Resp. II 379a-383a.
30 Cfr. fr. 52, 44-47DP. Silvam igitur informem et carentem qualitate tam Stoici quam Pythagoras consentiunt, sed Pythagoras malignam quoque, Stoici nec bonam nec malam. Numenio sembra rifarsi alla posizione anti-stoica di matrice plutarchea secondo la quale il male è presente nella materia precosmica in quanto in essa è presente un’anima malvagia che ne innesca il movimento caotico. Per Numenio, invece, la materia e l’anima malvagia non sono due entità eterogenee ma finiscono con l’identificarsi. Sulla concezione della materia in Plutarco come causa del male rimando a Jourdan (2014a, p. 187-98).
31 Cfr. fr. 52, 58-59dP: Quod si mundus ex silva, certe factus est de existente olim natura maligna [...].
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